E’ ormai risaputo che il sistema previdenziale pubblico italiano sarà sempre meno capace di erogare pensioni adeguate a mantenere lo stile di vita degli italiani.
L’attuale forza lavoro infatti, quando in futuro riceverà il primo assegno pensionistico dall’INPS non dovrà sorprendersi se la cifra corrisposta sarà più bassa della busta paga a cui si era abituati.
Da sistema retributivo a sistema contributivo
La riforma Fornero del 2011 è stato un momento cruciale e di forti tensioni per il comparto pensionistico italiano.
Tale riforma ha comportato l’innalzamento dell’età pensionabile ed il passaggio al sistema contributivo per tutti i cittadini con inizio dell’attività lavorativa dopo il 1995.
Le pensioni che prima erano calcolate con il sistema retributivo, ovvero considerando la retribuzione degli ultimi anni lavorati, sono ora calcolate con il sistema contributivo, ovvero in base ai contributi versati durante tutta la vita lavorativa.
Capiamo quindi che con il metodo contributivo la pensione percepita sarà senza dubbio più bassa rispetto al metodo retributivo, soprattutto se durante la carriera del lavoratore ci sono stati periodi di contribuzione bassa od assente.
In questo panorama diventa fondamentale compensare il prima possibile a questo gap previdenziale per non dovere in futuro cambiare drasticamente le abitudini di vita.
Ci viene in aiuto il secondo pilastro del sistema previdenziale italiano, ovvero la previdenza complementare, che comprende i fondi pensione di categoria.
Cosa sono i fondi pensione di categoria
I fondi pensione di categoria sono un ottimo strumento, sicuri ed efficienti dal punto di vista fiscale. Offrono costi molto contenuti che vengono ampiamente assorbiti dai rendimenti.
I lavoratori che decidono di aderirvi, devono versare il proprio TFR (trattamento di fine rapporto).
Questi versamenti costituiranno il montante finale che, insieme ad i rendimenti, sarà restituito sotto forma di rendita al momento del pensionamento.
Il gestore del fondo, con i contributi degli aderenti, acquisterà quote di specifici prodotti di investimento. Sarà il lavoratore a scegliere il comparto, ovvero il tipo di prodotti da acquistare in base alla sua propensione al rischio.
I comparti di investimento di un fondo di categoria
Solitamente sono tre i comparti tra cui scegliere: prudente, bilanciato e dinamico.
I comparti prudenti sono adatti a lavoratori con propensione bassa al rischio e solitamente sono composti di obbligazioni per l’80%. Sono indicati per lavoratori con pochi anni restanti alla pensione. L’alta percentuale di obbligazioni consentirà una bassa volatilità dei titoli, un basso rendimento ma stabilità generale.
I comparti bilanciati sono indicati per lavoratori con ancora alcuni anni di lavoro alla pensione. La percentuale di azioni è più alta rispetto al comparto prudente, ma il rischio dell’investimento rimane contenuto con un rendimento moderato.
In ultimo il comparto dinamico è indicato per lavoratori con tanti anni al pensionamento. La percentuale di azioni è solitamente uguale o superiore al 70%. La volatilità dell’investimento è alta e si possono avere alti rendimenti. Essendo un investimento di lungo termine, i tanti anni che mancherebbero alla pensione permetterebbero all’investimento di ritornare in positivo in casi di performance negative.
Chi vi può aderire
Ma chi può aderire vi starete chiedendo?
Secondo il sito capireleconomia.it: “La previdenza complementare, infatti, interessa i dipendenti pubblici e privati, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i soci di cooperative, i cittadini titolari di redditi diversi da quelli da lavoro e i familiari a carico dei lavoratori” 1
Questi fondi sono detti anche fondi chiusi perché vi possono accedere solo lavoratori facente parti di specifiche categorie e relativi Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro. Ad esempio il fondo Cometa è riservato ai lavoratori dell’industria metalmeccanica, mentre Foncer è riservato ai lavoratori dell’industria ceramica.
Primo vantaggio: contributo del datore di lavoro
Il lavoratore dipendente che deciderà di aderirvi dovrà farvi confluire obbligatoriamente tutto il TFR e potrà inoltre decidere di versare una quota a piacere.
Se il lavoratore, oltre al TFR, deciderà di versare questo contributo personale (mensilmente dalla busta paga), il datore di lavoro solitamente contribuisce anch’egli con un contributo di uguale quantità.
Vediamo qui già il primo vantaggio della previdenza complementare; ovvero soldi che non si potrebbero ricevere lasciando il TFR in azienda.
Secondo vantaggio: rendimento maggiore
Il secondo vantaggio riguarda il rendimento.
Il TFR accantonato in azienda viene rivalutato a carico del datore di lavoro con un tasso di 1,50% più 75% dell’indice ISTAT sui prezzi al consumo.
Il TFR in fondo di categoria viene rivalutato in base al tasso di rendimento annuale delle quote investite dal fondo. Come descritto in precedenza è possibile generalmente scegliere 3 linee di investimento.
Il 2022 non ha visto rendimenti eccelsi, ma nel complesso sono sempre più alti rispetto al rendimento del TFR lasciato in azienda.
Terzo vantaggio: tassazione più favorevole
Più alto sarà il reddito del lavoratore più alta sarà la tassazione applicata in fase di liquidazione. Verrà applicata la tassazione secondo l’aliquota media IRPEF.
Riporta il sito kellyservices.it che: “Secondo l’edizione 2023 dell’Osservatorio Job Pricing, nel 2022 la Retribuzione annua lorda (RAL) media in Italia è stata di 30.284 euro lordi annui” 2
Semplificando possiamo dedurre che ad un lavoratore con RAL di 30.284 euro verrebbe applicata la tassazione del 20,04% sul TFR lasciato in azienda.
Un lavoratore invece con TFR versato in fondo di categoria al momento del pensionamento si vedrà applicata una tassazione che va dal 15% al 9%, in base agli anni di adesione.
Quarto vantaggio: maggiore controllo per il lavoratore
Non tutti sanno che in caso di cessazione del rapporto di lavoro è possibile chiedere la liquidazione del proprio fondo pensione di categoria.
Non è sempre conveniente, in quanto la tassazione applicata sarà del 23%, ma è una possibilità.
In alternativa si può decidere di mantenere il fondo attivo, anche se si cambia categoria professionale, in modo da continuare a far maturare le quote investite.
Questa possibilità non ci è offerta con il TFR in azienda che ci sarà liquidato ogni volta che termina il rapporto di lavoro.
Conclusioni
Abbiamo visto quanto sia conveniente attivare un fondo pensione di categoria. Hanno costi davvero molto contenuti (rispetto a fondi comuni di investimento) e rendimenti maggiori rispetto al TFR lasciato in azienda.
La tassazione inoltre diminuisce in base agli anni di adesione al fondo di categoria.
In conclusione sono ottimi strumenti (per i quali vale la pensa informarsi con colleghi o datori di lavoro) che ci potranno fare risparmiare tanti soldi in futuro se gestiti adeguatamente.
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A presto
Sitografia
1. https://www.capireleconomia.it/template/default.asp?i_menuID=24698
2. https://www.kellyservices.it/stipendio-medio#:~:text=Secondo%20l’edizione%202023%20dell,di%2030.284%20euro%20lordi%20annui.