In questo articolo voglio parlarvi di un libro che cambierà la vostra vita.
Il libro in questione si chiama “La fine del buio” dell’autore Johann Hari.
Per questo articolo mi sono basato sull’intervista dell’autore contenuta nel podcast “The Diary of A CEO” di Steven Bartlett.
La tesi centrale del libro è che la depressione non sarebbe causata da uno squilibrio chimico all’interno del cervello (come vuole farci credere la medicina) ma invece da una perdita di connessioni con persone di fiducia che ci ascoltano con empatia, interesse e con le quali c’è un reciproco scambio intellettuale od affettivo.
Secondo l’autore la nostra società è sempre più sola e secondo un sondaggio, si è ridotto sempre più negli ultimi anni il numero di amici stretti che un americano medio ha (vedi tabella sotto)
fonte: https://www.pewresearch.org/
L’uomo della pietra è riuscito a sopravvivere grazie al fatto di sapersi riunire in tribù; un elemento che decideva di isolarsi dopo poco diventava triste e depresso.
La solitudine quindi sarebbe alla causa della depressione.
Attualmente c’è un grande problema: la diffusione dei valori spazzatura.
Come il cibo spazzatura fast food rende debole e malato il nostro corpo, i valori spazzatura contribuiscono a renderci soli e tristi.
Un esempio di valore spazzatura: un ragazzo vuole imparare a suonare il pianoforte per impressionare le ragazze oppure perché costretto dai genitori.
In questo caso parliamo di motivazione estrinseca. Se invece il ragazzo vuole imparare a suonare il pianoforte perché innamorato del suono dello strumento e perché prova gioia quando esegue le varie melodie alla tastiera, in questo caso avremo una motivazione intrinseca.
Un altro esempio lo abbiamo in una domanda fatta a Melania Trump da uno studente, dove lei rispose: “Non credi che Trump mi avrebbe sposato se non fossi stata bellissima?”
Anche qui abbiamo un chiara motivazione estrinseca, mentre diverso è il caso di Barack Obama e sua moglie Michelle che ripetutamente hanno dichiarato che sarebbero rimasti insieme anche in povertà (motivazione intrinseca).
La nostra attuale cultura è sempre più guidata da valori spazzatura e dallo status, come ad esempio l’apparenza esterna; di conseguenza noi saremo sempre più ansiosi e depressi.
I social media sono governati da valori spazzatura. L’ansia che ci crea l’attesa dei like e la preoccupazione di apparire al nostro meglio nelle foto che pubblichiamo ne sono un esempio.
Inoltre è cambiato l’idea di felicità che la società ci trasmette. Lavora duro in un lavoro che non ti piace al fine di comprare cose da mostrare nei social media per impressionare persone delle quali non ci interessa niente.
Passato l’iniziale scarica di dopamina del nostro acquisto e dei like, avremo di nuovo bisogno di ricominciare il ciclo da capo e comprare altre cose. Per non parlare dell’adattamento edonistico, ovvero il ritorno al livello di felicità di partenza dopo un picco scatenato da una novità o da un acquisto.
Abbiamo bisogni fisici naturali, come cibo acqua, riparo. Allo modo abbiamo bisogni psicologici (vedi piramide di Maslow), purtroppo siamo peggiorati molto nel gestire questi bisogni psicologici.
Dovremmo puntare ad una vita con uno scopo, un futuro con un senso alto dove potrò realizzarmi, sentirmi apprezzato e valorizzato dalle persone intorno a me.
Negli Stati Uniti ad esempio quando una persona vuole sentirsi più felice fa qualcosa per se stesso. In Asia invece fa qualcosa per qualcun altro. Si comprende come manchi in occidente un’idea collettiva di felicità, idea che dovremmo adattare un pò di più.
Altro elemento che ha contribuito secondo l’autore a questa nostra condizione sociale di solitudine e depressione è la pubblicità.
In un esperimento, un gruppo di bambini è stato diviso in due. Ad una metà è stato fatto visionare una pubblicità di un determinato giocattolo. All’altra metà non è stato fatto visionare nulla. E’ stato poi chiesto ai bambini se preferivano giocare: O con un bambino senza giocattolo, oppure con un bambino cattivo ma che aveva il giocattolo nuovo della pubblicità.
Tutti i bambini che avevano visto la pubblicità hanno scelto di giocare con il bambino con il giocattolo seppur fosse cattivo.
Ad un gruppo di ragazzini è stato invece fatto vedere una pubblicità di sneakers. E’ stato poi chiesto a loro che cosa avrebbero ottenuto se fossero entrati in possesso delle scarpe.
La maggior parte ha risposto che con le scarpe nuove sarebbero stati rispettati dagli amici ed avrebbero avuto uno status più alto.
In un secondo momento gli stessi ragazzini si sono loro stessi interrogati perché servissero scarpe nuove per essere accettati dal gruppo.
L’autore sostiene quindi che bannando la pubblicità aumenterebbe di molto la salute mentale delle persone.
Stiamo assistendo in questi ultimi anni a un nuovo tipo di assuefazione: quella da internet e da giochi di ruolo online.
Le persone attraverso il gaming ritrovano il senso di tribù, autostima grazie all’essere bravi in qualcosa, visibilità e stima dalle persone. Ritrovano inoltre il piacere di vagabondare nella natura (seppur virtuale).
Il problema è che non ci siamo evoluti per interagire tramite uno schermo, e le connessione che possiamo avere tramite video non sono efficienti (da un punto di vista psicologico) come quelle di persona.
Già prima di internet c’era stato un incremento di solitudine e depressione. Internet ci ha solo ridato quello che abbiamo perso ovvero, status, amici (seppur virtuali).
Non si può pensare di togliere o bloccare i social media. Sarebbe come togliere l’eroina ad un tossicodipendente che si porterebbe al suicidio.
Il grande successo dei social media è un grande sintomo di disconnessione dalla società.
Se i social media vengono usati come iniziale connessione per poi trasformare il rapporto in interazione offline, allora sono un bene.
Anche interagire e spendere tempo nella natura ha un effetto molto importante nel farci sentire meno soli e depressi.
Un gruppo di persone depresse coinvolte in un laboratorio di giardinaggio, hanno creato connessioni umane, iniziando ad occuparsi e preoccuparsi dei membri del gruppo. Un partecipante ha ammesso: “Quando il giardino iniziò a fiorire anche noi iniziammo a fiorire”.
Questo è solo un piccolo spunto di quello che puoi trovare nel libro
che trovi qui.
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A presto
Valentino Marchetti